Maria Luisa Zaghi

indietro | stampa

Maria Luisa Zaghi, coordinatrice CDI.


Le conoscenze del deficit attraverso la costruzione di banche dati e laboratori scolastici, secondo la logica della Pedagogia Attiva.


La riflessione di oggi parte dalle ultime due parole: pedagogia attiva; cercherò di collegarle alla tematica del deficit tenendo conto, in qualche modo, della situazione in cui ci troviamo oggi in Italia.

Da una parte non ci stanchiamo di sottolineare i 30 anni, ormai 31, trascorsi dalla promulgazione della legge 517 del 1977, che ha sancito l'integrazione scolastica di tutte le persone con disabilità;

in questo senso l'incontro di oggi è anche l'occasione per inaugurare sul nostro territorio, la mostra curata dai Centri di Documentazione dell'Emilia Romagna, sul percorso che ha portato a rifiutare tutte le forme di esclusione e di segregazione al fine di "mettere in grado tutte le persone con disabilità di partecipare effettivamente ad una società libera. "

Di contro, è sotto gli occhi di tutti il tentativo esplicito di dequalificare il sistema formativo pubblico e insieme il sistema di Welfare, attraverso la riduzione drastica delle risorse economiche e la legittimazione dell'individualismo più sfrenato, insofferente alle regole comuni.

La Pedagogia Attiva e le proposte del Centro di documentazione

Il termine designa un insieme di riflessioni, e di esperienze educative con diversi riferimenti teorici e diverse collocazioni nel tempo e nello spazio (vedi ad esempio il filone della Pedagogia Istituzionale, nata in Francia negli anni sessanta e sviluppata in Italia in particolare da Canevaro a Bologna); il dato comune è considerare il bambino e la bambina o un qualsiasi soggetto dell'intervento educativo come parte attiva del processo, protagonista del suo sviluppo e del suo apprendimento.

Coerentemente, l'organizzazione del tempo nel contesto educativo, non è regolato dall'adulto, ma dalla situazione, dalle regole accettate e condivise e anche dai bisogni individuali; lo spazio può essere modificato e caratterizzato attraverso gli arredi, gli oggetti, le funzioni. Gli imprevisti, gli errori non sono considerati come eventi negativi da evitare in tutti i modi; sono piuttosto vissuti come occasioni di sperimentazione educativa, come tappe in una ricerca vera, dove le risposte non sono precostruite, ma stimolano una nuova organizzazione e quindi nuove conoscenze.

Le indicazioni della Pedagogia Attiva ci sono state quindi di grande aiuto per collaborare in tutti questi anni (il Centro è attivo dal 1992) con le scuole del nostro territorio che hanno classi in cui gli imprevisti sono quotidiani: se si può intendere come imprevisto la presenza di alunni con disabilità o l'iscrizione a metà anno scolastico di alunni stranieri che non conoscono una parola di italiano, o il dover affrontare particolari difficoltà negli apprendimenti o nella relazione con gli adulti o il gruppo dei pari, etc.

Le proposte che il Centro ha elaborato in collaborazione con gli insegnanti hanno riguardato l'utilizzo di strumenti cooperativi come "l'aiuto reciproco tra pari", con particolare responsabilizzazione degli alunni in situazione di difficoltà, "il consiglio dei ragazzi", assemblea autogestita seguendo regole condivise per discutere e trovare soluzioni ai problemi di vita a scuola), "imparare ad essere mediatori nei conflitti tra pari", diventando un punto di riferimento per tutta la scuola, "apprendere dai deficit", sviluppare apprendimenti legati al curriculum scolastico, partendo dalla conoscenza del deficit del compagno di classe.

Apprendere dai deficit

Il percorso è nato formulando l'ipotesi che la presenza di un alunno disabile può essere considerato, invece che un ostacolo ad una "buona didattica", un punto d'appoggio per avanzare nella ricerca condivisa e la difficoltà di comunicazione e di apprendimento può diventare l'occasione per studiare meglio e di più.

E' chiaro che tutto ciò richiede un rovesciamento di prospettiva sottolineando che:

  • L'inclusione implica adesione a una realtà che è complessa, non certo composta da soli elementi positivi: è piuttosto composta da elementi che possono assumere positività o negatività a seconda delle interazioni e delle circostanze storiche.
  • L'inclusione richiede di uscire da una logica del "risarcimento" per impegnarsi in uno sforzo di valorizzazione: cioè cercare di capire, insieme con la persona disabile, i limiti e le possibilità.
  • Il miglioramento della qualità della vita è un obiettivo che deve essere inteso in senso sistemico: il miglioramento della situazione del singolo va pensato in un'organizzazione che migliori la qualità della vita di tutti.

Sviluppando queste premesse sono stati condotti vari laboratori nella scuola primaria e secondaria di primo grado che hanno permesso di approfondire temi come l'epilessia, la sindrome di Down, l'autismo, l'agenesia del corpo calloso, situazioni di deficit motorio ecc.

I temi sono stati affrontati con i seguenti obiettivi:

  • Produrre trasformazione nelle relazioni sociali a partire da una situazione iniziale con elementi di conflittualità.
  • Produrre nuove conoscenze attraverso percorsi condivisi da tutti gli alunni, avviando collaborazioni con adulti di istituzioni diverse e con diverse professionalità.

In genere le attività hanno rispettato le seguenti tappe:

- conoscenza reciproca (tramite osservazione partecipata, confronti con adulti che conoscono bene l'alunno disabile, ecc);

- analisi dei programmi ministeriali delle varie materie scolastiche con gli insegnanti;

- scelta di un tema che, valorizzando la "diversità" dell'alunno disabile presente, si collegasse direttamente ad un argomento previsto dalle discipline scolastiche;

- ricerca di tempi e modalità di lavoro opportune per un coinvolgimento degli alunni disabili e degli alunni "normodotati".

In tutte le esperienze condotte direttamente dal Centro, così come in altri percorsi simili conosciuti attraverso indagini compiute nelle scuole dei nostri Comuni, si è potuto riscontrare il raggiungimento da parte di tutti gli alunni di una migliore capacità di lavorare in gruppo rispettando e interessandosi alle reciproche diversità; negli alunni è aumentata la motivazione allo studio, nella prospettiva che avrebbe potuto essere utile.

E' stata approfondita la metodologia della ricerca prendendo coscienza che la scuola non è necessariamente solo apprendimento di un sapere già stabilito da altri, ma che può essere anche un avvincente percorso intellettuale in cui ognuno -anche le persone disabili - possono dare il loro contributo originale.

Nei casi di alunni disabili con difficoltà nella comunicazione verbale, i compagni hanno affinato la consapevolezza dei meccanismi della comunicazione non-verbale esistente tra tutti i componenti del gruppo migliorando la propria capacità di comprensione e di controllo della stessa.

Gli alunni disabili hanno tratto vantaggio da questi percorsi avendo la possibilità di essere riconosciuti con tutte le proprie caratteristiche e competenze, al di là delle etichette derivate dal deficit; hanno potuto vivere con i compagni in un clima sereno, essendo sfumate quelle reazioni di diffidenza e/o di paura che spesso suscita la diversità e hanno potuto contare su risposte maggiormente adeguate alle loro richieste, sia esplicite che implicite.

Riporto una riflessione scritta dagli alunni di una classe che ha partecipato ad una ricerca sulla sindrome di Down;

"Cosa abbiamo scoperto con la nostra ricerca?"

- Dietro quello che facciamo tutti i giorni con Davide ci sono studi e ricerche che partono da molto lontano e che hanno coinvolto tante discipline diverse.

- E' importante conoscere l'origine e la storia delle parole: molte persone, anche con precise responsabilità nel campo dell'informazione scrivono ad esempio "persone down" mostrando trascuratezza e ignoranza e segnalando così un grave squilibrio tra le dimensioni emotive, sollecitate dalla stampa con il racconto di certi fatti, e gli aspetti che riguardano la conoscenza.

- Per noi, andare a ricostruire la storia delle parole ha significato anche capire che, ciò che succede nella nostra scuola, non é l'unico atteggiamento possibile nei confronti delle persone handicappate; la discussione tra diversi tipi di educazione partita all'epoca di Down e Séguin e forse anche precedentemente, continua ancora oggi.

- Lo studio dei deficit permette alla scuola e alla società in generale di essere competente e di sviluppare quindi una solidarietà non superficiale, capace di andare al di là di sentimenti pietistici scontati e inefficaci."

La sordità

Seguendo la logica che emerge dagli esempi descritti, ci si è posti il tema della sordità in occasione dell'arrivo in una scuola primaria del nostro territorio di una alunna sorda; si è creato un gruppo di lavoro che con la supervisione del prof. Andrea Canevaro ha raccolto un primo nucleo di informazioni arricchite e poi successivamente organizzate in ipertesto con una Tesi di Laurea, pubblicata in internet in modo da diventare una risorsa per chi a vario titolo volesse approfondire la tematica con uno sguardo il più possibile aperto alle varie posizioni e ipotesi di intervento.

In quest'ultimo anno la struttura delle informazioni è stata rivista ed è tuttora in corso di aggiornamento per rispondere ad un opportuno adeguamento allo schema degli altri Centri di documentazione della regione Emilia Romagna, con la supervisione del prof. Josè Chade.

Scopo principale di questo impegno è quello di fornire un'occasione di conoscenza senza scelte pregiudiziali, per migliorare le capacità di ridurre l'handicap in una prospettiva inclusiva, favorendo il collegamento di tutte le realtà che sul territorio si occupano della sordità; e questo è anche lo scopo primo di questo seminario.

Collegata alla ricerca sulla sordità, c'è poi la Banca dati sulle risorse territoriali per le persone disabili che, per Bologna e provincia, è in fase di completamento e che potrebbe essere arricchita da indicazioni specifiche sui percorsi opportuni per i singoli deficit.

L'obiettivo generale è quello di contribuire a creare un contesto competente, con professionisti, genitori e persone disabili in grado di dialogare, di analizzare insieme i bisogni e di trovare insieme risposte, non solo per le emergenze, ma strutturali, stabili;

Per tutto questo credo sia utile ragionare nella logica dell'Educazione Attiva: perché può aiutare a capire cosa ciascuno può e sa fare, può aiutare a superare la paura dell'altro che a volte è visto come minaccia a causa di una divergenza di opinione o per una diversità fisica o culturale.


Torna all'indice