Conclusioni del prof. Josè Chade

Conclusioni del Prof. Josè Chade


Riprendo qualche parola chiave partendo dal titolo "sordità e inclusione": Nadia Bonora e poi Luisa Zaghi hanno parlato dell'inclusione e del ricostruire la storia delle parole per non categorizzare; la dottoressa Frejaville sull'utilizzo della terminologia per l'inclusione: noi sappiamo che esistono e sono state utilizzate tantissime terminologie per parlare di handicap, disabilità e a volte perdendo di vista la qualità di persona e guardando piuttosto all'organismo bisognoso di cure.

In questo senso noi dobbiamo sempre ricordarci di parlare sempre di persone in situazioni di svantaggio o con qualche difficoltà e di non utilizzare varietà di terminologia come "diversamente abile" e "capacità diverse", perché dire a una persona in situazione di svantaggio "diversamente abile" sarebbe come dire diversamente ricco o povero, quindi meglio rimanere sulla qualità della persona che ha qualche svantaggio.

Poi come parole chiave abbiamo visto incontrare bisogni e competenze: non competenze chiuse, Luisa ci ha parlato dell'organizzazione dell'ambiente, tempo, spazio, dove la parola chiave è l'accompagnare, il sapere accompagnare le persone in situazioni di svantaggio.

La dottoressa Frejaville ci ha parlato di strategie, dei diritti, persone che hanno bisogno di essere riconosciute e anche lei ha ripreso l'utilizzo delle terminologie per lavorare con le persone in situazioni di svantaggio, lavoro di equipe che significa imparare a interagire e a integrare le competenze.

La dottoressa Bergonzoni ci ha dato un'idea generale di ciò che significa il deficit, arrivando alle diverse scuole di pensiero.

Marco Ferrari ha parlato di creare collegamenti, di costruire i nodi della rete, insieme a Fabrizio Donato che ci ha parlato di coordinamento nei servizi, con i genitori, l'associazionismo. Abbiamo sentito poi Valentina Paoli che ci dice che non esiste il problema dei bambini sordi ma il problema di quel bambino sordo, quindi del riuscire a capire l'originalità di ciascuna persona, capire che il sordo non ha il problema solo dell'ascolto, dell'udire, ma del significato della lingua, quindi arrivando poi alle competenze verbali e funzionali, al livello cognitivo e del linguaggio.

Abbiamo sentito cose interessanti per quanto riguarda le esperienze di Paola Campadelli e Marina Falzone, dove una cosa molto rappresentativa e' stata il fatto di introdurre la creatività all'interno del percorso di stimolazione del bambino sordo, arrivando poi alla fine all'autogestione di questi interventi.

Alla fine Sara Beltrammi e Nicola Gencarelli, han parlato del servizio al disabile come una relazione di aiuto molto importante per il supporto nello studio universitario.

Quindi noi possiamo dire che inclusione significa qualità e umanizzazione, soprattutto umanizzazione dei servizi e sempre nel riconoscimento dell'originalità di ciascuna persona e nel rispetto dei ritmi e dei tempi individuali.

Penso che questa sia un'introduzione per iniziare a lavorare in modo molto più coordinato, integrando le competenze verso una umanizzazione dei servizi e una qualità dei servizi.


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