Josè Chade
Professor Josè Chade. Università di Bologna.
La stimolazione psicomotoria attiva precoce e gli aiuti per lo sviluppo del pensiero astratto nel bambino sordo.
Il tema che mi è stato dato è la stimolazione psicomotoria attiva e gli aiuti per lo sviluppo del pensiero astratto nel bambino sordo sempre verso l'inclusione.
Molte persone immaginano il bambino sordo comunicando solo attraverso segni e gesticolazione, dimenticando che ci sono quelli che ignorano completamente quelle procedure di espressione e inoltre non sentono neanche la necessità di acquisirle.
E' sempre difficile per la persona comune, a volte anche per i genitori di questi bambini la cui audizione è deficitaria, formulare una definizione concreta della sordità.
Concepiscono che si possa tenere maggiore o minore difficoltà per ascoltare o che sia incapace di arrivare a quel traguardo.
Fanno più fatica a comprendere che la facilità nella dimistichezza del lingua e nella comunicazione non si trova vincolata a questa difficoltà.
Questo dovrebbero saperlo bene gli specialisti che incontrano difficoltà a stabilire una classificazione dei bambini sordi cercando di mettere in ordine la varietà dei casi.
In tanti grandi convegni frequentemente una commissione composta da pedagogisti, otorinolaringoiatri, audioprotesisti, psicologi e altri provano a stabilire criteri capaci di raggruppare diversi casi che si assomigliano tenendo conto del punto di vista di ciascuno di questi specialisti. Ma quando comunicano tra loro i risultati dei propri lavori compaiono delle controversie.
Succede che nonostante il loro tentativo nessuno può liberarsi dei punti di riferimento che utilizza volentieri nella sua specialità, ne' dei giudizi che emette considerando il tipo di caso che studia frequentemente.
Una sordità profonda può comportare residui auditivi che se ben utilizzati lavorando con protesi potenti faciliteranno in modo considerevole un grado di recupero.
Ho parlato di ortesi, vediamo chi si ricorda che sono le ortesi e che cosa le protesi! Perché in genere a livello dell'audizione diciamo sempre protesi uditiva, in verità sono ortesi uditiva.
E' quello che aiuta alla funzionalità di un organo, per esempio gli occhiali sono ortesi, l'audifono sono ortesi.
Una protesi sostituisce un organo, un occhio ortopedico, una mano, un impianto cocleare sarebbe una protesi perche' sostituisce la coclea.
Puo' trattarsi di bambini particolarmente allenati nella lettura labiale, ma la prima ipotesi un allenamento speciale della percezione uditiva delle sue proprie vocalizzazioni facilita l'articolazione se il bambino accetta gli esercizi.
Nella seconda ipotesi la comprensione del linguaggio può essere superiore all'espressione. I bambini che possiedono tutte e due saranno più abili nel piano nella comunicazione. In tutti i casi il criterio audiometrico solo è insufficiente.
Il deficit reale del bambino sordo è dovuto a diversi fattori che dipendono dall'interazione delle sue abilità e delle sue disabilità.
Ciascuna e' suscettibile di progredire. Il risultato e' variabile. Non permette di classificare in modo rigido e definitivo il bilancio funzionale di questi bambini.
Possiamo proporre stadi orientativi che servono essenzialmente per la guida nel lavoro degli educatori.
Non è possibile conoscere una realtà umana complessa senza comprendere l'analisi e se non andiamo oltre le descrizioni globali. Se riusciamo a smontare la struttura, smistando i suoi componenti e relazioni, forse arriveremo a conoscere i meccanismi e i suoi fattori. E' il punto chiave delle differenze individuali e della transizione da uno stadio a un altro. Per imparare il linguaggio e' importante essere immerso nella lingua.
Tenendo conto di questi bisogni dobbiamo innanzitutto costruire un filo conduttore indispensabile per la ricerca pedagogica che si occupi dell'integrazione del progredire tradizionale positivo e innanzitutto di segnalare la possibilità di nuovi orientamenti, mantenendo una visione evolutiva del bambino sordo.
- Stimolare all'educazione precoce delle attitudini comunicative nel bambino e nelle persone che lo circondano..
- Una pedagogia del linguaggio guidata da una riflessione psicolinguistica.
- Utilizzo dei residui auditivi.
- Stimolare la capacità creativa mantenendo vivo l'interesse dei bambini per le attivita' intellettive.
- Stimolazione precoce attiva.
Questi ultimi due punti precisano la necessità di non ridurre tutti gli aspetti della vita mentale del bambino al suo deficit uditivo.
In questo caso si contribuirebbe a creare una personalità speciale.
La scienza deve scoprire le possibilità e le maniere per trattare le persone e non solo all'individuo unico con tutte le motivazioni, valori, timori e propositi che costituiscono la vita reale dell'uomo, sarebbe inadeguato uno sguardo solo organico di ciò che e' umano.
Questa possibilità viene favorita dalle circostanze speciali in cui vive il bambino sordo.
Ci sono diverse cause e la più importante forse e' l'isolamento.
Un contatto intimo con i familiari del bambino sordo rivela quanto difficile sia tenere informato il bambino di tutti i cambiamenti del giorno. Questo richiede una maturità genitoriale.
I genitori spesso per mancanza di preparazione trovano difficoltà nel rapportarsi col bambino e reagiscono con attitudini di sovraprotezione o rifiuto inconscio.
Nonostante l'isolamento si presenta riguardo ai bambini udenti della sua età quando il bambino con disturbi auditivi frequenta la scuola.
Abbiamo bisogno di un'accoglienza specializzata in età precoce orientando le famiglie, favorendo il contatto tra bambini sordi e non, stimolando il desiderio di comunicare oralmente e cercando di offrire contenuti scolastici seguendo la maturità come persona, sviluppando tutte le sue potenzialità, attraverso la stimolazione dei sui interessi intellettivi e la sua capacità creativa.
Il compito più importante e difficile per genitori e educatori è evitare che il bambino si senta con una personalità differente. Teniamo conto che, come dice W.A. Schonfeld, arrivando all'adolescenza si ha bisogno di avere coscienza del proprio valore.
Torna evidente che l'educazione auditiva deve inglobare tutta la vita quotidiana.
Cosa sappiamo sulla stimolazione precoce? Parlando di quella attiva soprattutto, e precoce sicuramente per la precocita' dell'intervento, la stimolazione precoce e' quella che si fa nei bambini tra 0 e 3 anni quando hanno ancora il cervello immaturo.
Quando riflettiamo sul concetto di stimolazione, e' utile domandarsi quanta importanza possiamo attribuire allo stimolo in se stesso.
Sappiamo che il comportamento infantile non si sviluppa solo in funzione di rafforzamenti occasionali, ma anche grazie alla spinta esercitata da forze costanti di processi cognitivi significativi, carichi delle corrispondenti valenze affettive, lo stimolo acquista senso solo in funzione della catena di significati alla quale prenderà parte.
Le chiavi di lettura psicobiologiche e psicocognitive sono fondamentali per un processo di sviluppo che interrotto nella sua naturalità necessita di specifici interventi terapeutici.
Parlando di bambini e non di cose non si tratterà di riparare sistemi nervosi, ma di offrire la possibilità di recuperare e costruire la propria identità e equilibrio originale.
Anche per questo motivo fornire stimoli che agevolano e sostengono il progresso evolutivo del bambino ad alto rischio non significa bombardamento di sollecitazioni che non solo non attraggono l'interesse del bambino ma lo portano al disinteresse per se stesso e per le sue possibilità.
Stimolazione significa proporre idee, suggerimenti, immagini oggetti che per il piccolo abbiano un senso, quelli più efficaci sono motivati dalle necessità quotidiane del bambino aiutandolo a ricercare la propria identità in relazione al mondo circostante.
Bisognerà utilizzare tecniche che garantiscono la sua collaborazione attiva consentendogli di raggiungere nuove tappe dello sviluppo.
Bisogna pensare a diverse tappe della stimolazione dove la partecipazione sia attiva.
Chi fa la stimolazione deve dare delle proposte che permettano al bambino di agire, per esempio sull'area dello schema corporeo, dell'attenzione, della memoria, della figura sfondo, dell'analisi sintesi, dello spazio, del tempo, su queste funzioni poi si appoggia il linguaggio.
Per J. Piaget lo stimolo e' un alimento funzionale per l'attività. Questa definizione poggia su due concetti, funzione e attività, che sono le idee sulle quali si basa la stimolazione terapeutica che noi adesso incontriamo nel nuovo Icf.
La stimolazione va destinata a dare impulso a funzioni già esistenti rinvenibili nell'area dello sviluppo potenziale del soggetto stimolato, suscettibili di essere risvegliate e attivate attraverso lo stimolo.
La stimolazione agisce attraverso l'attività che produce nel soggetto stimolato e mai attraverso azioni passive.
La stimolazione dovrà considerare i livelli di organizzazione raggiunti dal bambino e le sue possibilità di conoscenza e assimilazione.
Un bambino e' stimolato a conoscere e imparare quando gli è proposto un problema che cade nell'area dello sviluppo potenziale del soggetto.
Solo in questo territorio il problema esiste per il bambino nei termini di porsi la domanda giusta per risolverlo.
In tal modo proporre al bambino delle situazioni - stimolo che non ha ancora conosciuto e imparato a risolvere sia a livello motorio che psicologico, significa alterare l'equilibrio raggiunto che sarà modificato per produrre la ricerca di un nuovo assetto da incorporare ai propri sistemi interni, agendo sull'oggetto.
Nel processo di stimolazione occorre tenere conto della sequenza necessaria dello sviluppo rischiando altrimenti di proporre al bambino qualcosa che diventa stimolante solo per la persona che lo fa senza avere senso per il piccolo. La stimolazione va diretta al bambino nel suo insieme e non a un organo o a una funzione. Se si considerasse solo la parte danneggiata sarebbe come comunicare al bambino che il centro di tutto e' il suo deficit.
Genitori e insegnanti, quindi, non devono dare egemonia manifesta alle mancanze, ma considerare la stimolazione di tutti gli aspetti cognitivi e affettivi del bambino.
Non devono rimanere ancorati all'insegnamento unilaterale del deficit ma concepire il piccolo come un insieme di capacità residue da sviluppare e potenziare.
La stimolazione precoce attiva favorisce e incrementa lo sviluppo delle funzioni psichiche e motorie per questo si applica a bambini con svantaggi dal punto di vista psichico e fisico e neurosensomotorio. Per parlare di come possiamo aiutare a sviluppare il pensiero astratto nel bambino sordo prendo qualche spunto anche di una tesi di una studentessa che si e' laureata nella nostra facoltà: "dove noi riconosciamo che in determinati contesti culturali la competenza nella lingua parlata e scritta favorisca il pensiero astratto perchè rende possibile la definizione precisa dei termini, il richiamo dei contenuti già acquisiti, la consapevolezza del ragionamento. Perchè il bambino sordo ha un pò più difficoltà nel pensiero astratto? perchè non e' immerso nella lingua, ma questo non vuole dire che non possa avere pensiero e non possa raggiungere il pensiero astratto. " (Maria Messina, Uno sguardo pedagogico sul pensiero astratto, tra normalità e disturbi., Tesi di laurea corso Pedagogista, Sc. Formazione, Bologna, A.A. 06/07. Vedi abstract tesi )
Quasi tutti i test che misurano le capacità cognitive sono basati sulle capacità linguistiche e quei pochi non verbali non illuminano con chiarezza l'abilita' del pensiero e del ragionamento.
Esiste una relazione necessaria fra pensiero e linguaggio, non è immaginabile un linguaggio senza pensiero che lo preceda dal momento che l'esperienza di un oggetto e' condizione dalla quale scaturisce la capacità di dominarlo.
Il pensiero, pertanto, ha bisogno di rappresentazione e quindi di simboli ma non necessariamente del sistema di simboli e di regole nella relazione costituita dal linguaggio verbale.
Anche se il linguaggio e' lo strumento privilegiato del pensiero, un pensiero senza linguaggio verbale e' possibile.
Il pensiero, l'attività cognitiva dell'individuo non e' affatto compromesso da una incompetenza linguistica; sono le cause di quest'ultima, l'insufficienza di stimoli ambientali, l'isolamento affettivo, eccetera, che non favoriscono il normale sviluppo psico - affettivo del bambino e quindi la maturità linguistica.
Per la stimolazione del pensiero astratto una delle cose piu' importanti e' lavorarci molto con le psicosensopercezioni.
Il bambino udente inizia immediatamente a lavorare e capire tutto il lavoro quotidianamente quando e' a casa; ha la conoscenza del proprio corpo, sente la voce, i rumori, riconosce gli oggetti, etc; il bambino sordo ha più difficoltà per fare queste associazioni, non vuole dire che non sia in grado di farlo.
E' importante rafforzare tutto ciò che è la stimolazione precoce a livello linguistico e articolatorio.
Uno dei metodi piu' nuovi che sono arrivati per aiutare il bambino sordo a migliorare il pensiero sono gli studi della logogenia. Per favorire l'acquisizione dell'italiano tenendo conto della specificità linguistica necessaria nella condizione di sordità.
Questo metodo e' stato elaborato sulle basi teoriche della grammatiche generative della professoressa Bruno del Messico; in Italia è stata la Radelli che ha sperimentato questo metodo.
L'obiettivo di questo metodo che favorisce lo sviluppo del pensiero permette ai sordi di raggiungere una competenza linguistica in italiano scritto paragonabile a quella degli udenti in modo che siano in grado di leggere e comprendere in modo autonomo il testo scritto nello stesso modo degli udenti.
Gran parte dei bambini sordi scolarizzati sa il significato di molte parole e riesce a capire quelle frasi, ma non e' possibile e non sono in grado di capire la differenza tra una frase e l'altra, quando hanno una modifica troppo sottile come per esempio: "togli quello tutto sporco" paragonato a "togli tutto quello sporco." Oppure "ho bevuto i due litri di aranciata."o "Ho bevuto due litri di aranciata."
Sono difficoltà importanti su cui dobbiamo lavorare riguardante il linguaggio e il pensiero.
Non capire frasi come questa non significa rinunciare a una parte molto importante della lingua, ma a volte significa non capire la lingua.
Spesso con i bambini sordi si spende molto tempo facendo imparare molte parole, tendendo di comunicare con loro e più tardi facendo imparare la grammatica.
Per sapere una lingua non basta sapere molte parole, non basta nemmeno essere in grado di comunicare ossia capire frasi, non serve imparare le regole della grammatica.
Qualunque bambino udente, infatti, sa già parlare perfettamente quando arriva a scuola e le regole che impara in classe le applica già ogni volta che parla dal momento che ha già competenza linguistica.
Avere competenza linguistica significa avere sviluppato la facoltà innata di acquisizione del linguaggio grazie alla quale e' possibile acquisire una qualunque lingua con cui si venga in contatto a partire da un input linguistico che sia adeguato.
La sordità non e' un impedimento all'acquisizione dell'italiano o di qualunque altra lingua con cui e' possibile entrare in contatto. Tale limitazione impedisce alla persona sorda di sviluppare competenze linguistiche in italiano e nessun programma di insegnamento può sostituirsi al processo di acquisizione innato che si deve innescare se si vuole ottenere competenza linguistica.
I bambini udenti e sordi hanno avuto il modo di imparare un codice linguistico, di andare oltre le parole, di scendere a compromessi pur di capire il messaggio altrui, di usare la creatività, di prendersi cura di sè e di chi si aveva di fronte e di non scoraggiarsi di fronte a ostacoli e errori.
Concludo con una frase che ha messo la studentessa di cui parlavo prima: "Viene data così alla persona che si ha davanti una sua copia di quelle chiavi di casa che erano semplicemente state perse o mai distribuite perchè anche lei possa finalmente non essere più straniera ma cittadina dello stesso mondo almeno con il pensiero."(Maria Messina, testo cit.)